In questi ultimi anni, grazie agli studi e alle ricerche che in ambito fisiologico, neurologico e biologico hanno interloquito con la psicologia e la medicina, sono maturate teorie scientifiche che hanno permesso di meglio comprendere il funzionamento “unitario della persona umana” confermando altresì il definitivo superamento della storica dicotomia “corpo-psiche”.
Tali teorie risultano feconde sotto molteplici aspetti sia conoscitivi che applicativi per tutte le professioni sanitarie, in particolare per tutte quelle dell’area psicologica (Legge 18.2 1989 n.56).
Naturalmente da questi studi trae importante beneficio la “pratica psicoterapeutica”.
Tuttavia anche la “Pratica professionale in Psicologia dell’emergenza e urgenza” ne risulta positivamente investita e illuminata sia negli aspetti che riguardano le modalità della prima relazione sia nelle prime pratiche “ri-animatorie” psicologiche.
L’attività psicologica in emergenza e urgenza (che non può rientrare tra le attività psicoterapeutiche, anche per ovvi motivi di setting in cui si svolge normalmente nei Servizio Sanitario o nello studio privato), si configura tuttavia come una indispensabile “attività di sostegno in ambito psicologico” prevista dall’art. 1 della Legge 18 febbraio 1989 n. 56 “Ordinamento della professione di psicologo”, con possibili effetti di carattere preventivo all’istaurarsi di un trauma psichico.
L’attività di psicologia dell’emergenza e urgenza acquisisce, a livello internazionale, la denominazione di “Psychological first Aid” sia nella proposta del National Center for PTSD–NCTSN, che nella versione del Word Health Organization-Word Vision.
L’attività di “Psychological first Aid” viene tradotta in italiano come “Primo soccorso psicologico” o “Primo aiuto psicologico”. Privilegiamo qui il termine “soccorso” che contiene, nell’etimologia, la caratterizzazione di “andare di corsa” (velocemente) verso la persona in difficoltà nelle situazioni di emergenza e urgenza.
In estrema sintesi, riportiamo lo schema delle tre teorie dalle quali provengono, in questi anni, sintonici riferimenti e utili indicazioni all’attività di Primo Soccorso Psicologico in Emergenza.
- La teoria polivagale di Porges suggerisce che gli psicologi dell’emergenza dovrebbero adottare interventi rassicuranti che favoriscono una presenza rispettosa e una vicinanza empatica, accudente e non intrusiva ai sopravvissuti fin dalle prime ore dell’emergenza. È fondamentale collaborare con altri soccorritori per garantire che il luogo di accoglienza sia non solo fisicamente sicuro ma anche psicologicamente rassicurante, fungendo da spazio di incontro, ascolto, conoscenza, riorganizzazione, sostegno psicologico e riconnessione sociale. Inoltre, gli psicologi devono possedere una sensibilità clinica di base che permetta loro di accompagnare i sopravvissuti in fase acuta al Posto di Assistenza Socio Sanitaria, in collaborazione con il Servizio Sanitario locale.
- Nelle emergenze di Protezione Civile, gli psicologi condividono le strutture di accoglienza con i sopravvissuti a disastri naturali o catastrofi, si viene così a creare una condizione di “vicinanza psicologica” che supera le forme tradizionali del setting psicologico, permettendo un contatto autentico e inevitabile con i sopravvissuti. È essenziale, secondo la teoria di Schore, gestire la regolazione affettiva in modo sintonico per fornire un sostegno psicologico efficace. L’esperienza sul campo ha dimostrato che un adeguato supporto affettivo non solo aiuta i sopravvissuti, ma è anche cruciale per il benessere degli psicologi dell’emergenza stessi. I modelli di intervento come il “Psychological First Aid” e le “IASC Guidelines” si sono rivelati efficaci in questo contesto.
- La teoria sensomotoria di Ogden sottolinea infine l’importanza di rispondere ai bisogni primari legati al corpo nei centri di accoglienza per i sopravvissuti. Gli psicologi devono promuovere un accompagnamento genitoriale e amicale, aiutando i sopravvissuti a riprendere le loro abitudini quotidiane e l’accudimento del proprio corpo. Questo approccio non si concentra esclusivamente sul presunto trauma, ma privilegia la cura del corpo come elemento fondamentale per il recupero psicologico. Tale orientamento ha permesso di migliorare le risposte ai bisogni basici dei sopravvissuti, promuovendone la loro integrazione e favorendo la guarigione.
Nell’ambito dell’emergenza urgenza sanitaria i bisogni di ordine psicologico non hanno ancora raggiunto la rilevanza acquisita nei contesti di maxiemergenza. L’emergenza urgenza sanitaria attualmente non contempla un intervento di primo soccorso psicologico, di “rianimazione” delle componenti psicologiche della mente e del corpo, e non prevede la figura professionale dello psicologo per iniziative di formazione, supporto ai soccorritori e alla direzione. Le normative concorsuali e contrattuali privilegiano d’altra parte la visione dello psicologo psicoterapeuta, funzione molto specifica che non permette di rispondere, con la necessaria preparazione clinica, ai nuovi bisogni psicologici evidenziati dall’evoluzione sociale e culturale del Paese. La recente pandemia di Covid-19 ha tuttavia evidenziato bisogni e spazi di miglioramento. Contestualmente anche i percorsi accademici per la formazione specialistica degli psicologi prevedono ad oggi un numero limitato di discipline. In considerazione di queste osservazioni potrebbe essere dirimente l’attuale proposta di legge per la riforma del Sistema nazionale di emergenza e urgenza sanitaria che vede, tra le sue priorità, l’integrazione del sistema preospedaliero e ospedaliero dell’emergenza urgenza e delle sale operative con il servizio NUE 112. La Proposta di Legge porta l’attenzione alla tutela dei diritti dei cittadini e all’umanizzazione delle cure, accogliendo possibili percorsi di miglioramento del soccorso sanitario.